Ero venuta da tuo marito a chiedere consigli sulle strade che mi avrebbe aperto frequentare Giurisprudenza, mia madre non si fidava della mia scelta.
Ne parlai anche con te e subito diventasti un punto di riferimento.
Da quel momento, ogni volta che avevo bisogno di verificare la mia preparazione per un esame, all'interrogazione di tuo marito seguivano le nostre chiaccherate: gli esami, il mio lavoro come commessa, i ragazzi, le amicizie e il rapporto con i miei genitori.
Era come confidarmi con una nonna, tu non lo eri geneticamente ma ne assumevi la parte.
Ed io assumevo il ruolo della figlia che non avevi potuto avere e che, ad un certo punto, non avevi più cercato.
Mi spiegavi la fierezza e la dignità di essere se stessi e come non vergognarsi di ciò che si è. Mi insegnavi a perseguire i miei obiettivi senza farmi incantare da chi cercava di farmi credere di non esserne capace: "Se vuoi una cosa, alzati e vattela a prendere. Non importa cosa credono gli altri".
Mi dicevi di cercare il meglio per me stessa, raccontandomi come inserire ciò che non serviva in una scatola all'interno della mia testa... Li chiamavi "compartimenti stagni": crea nel tuo cervello tante scatole e metti ciò che non ti serve dentro una scatola. Dalle un nome e chiudila. Riaprila solo ed esclusivamente quando devi mettere a posto qualcosa.
Ma, per il resto del tempo che scorre, non pensarci.
L'amore per te era uomo che "... ti accetti per quello che sei e si impegni per farti vivere al meglio. Devi poter essere te stessa, nel bene e nel male. Devi dire la tua opinione e se l'uomo non ti ascolta allora non ne vale la pena".
Quando litigavo con mia madre... Le telefonasti per dirle che dovevo puntare al meglio e il suo comportamento non mi avrebbe aiutato a trovarlo. "Vuole una figlia insoddisfatta? Non credo proprio... Quindi la smetta di dare la sua opinione quando sua figlia non la chiede".
Sei stata l'unica persona a zittirla e ancora oggi lei non riesce a crederci.
Spiegavi come incoraggiare le mie passioni e mi raccontavi di come avessi scelto di mettere in mostra i tuoi quadri a Firenze, di come erano nate dalle tue dita le rappresentazioni di "Alice nel paese delle meraviglie".
Ripetevi sempre di ricordarmi "...cara ragazza, rispetto e dignità vengono prima di tutto. Ma verso te stessa. Per gli altri... Solo quando lo meritano. Altrimenti..." non avrei mai dovuto vergognarmi di non avere rispetto per chi dimostrava di non averne per me.
Consigliavi letture e musica da ascoltare, consigliavi come comportarmi con le persone in determinate situazioni raccontandomi aneddoti sulla tua vita e come bisogna allontanare tutto ciò che fa male alla nostra anima e al nostro cuore.
Perchè tenere accanto a noi il dolore e il dispiacere impedisce di guardare avanti e raggiungere i nostri scopi.
Lo feci, l'ho fatto nel corso degli anni e continuo a farlo tuttora.
Me lo hai insegnato tu.
E quando ti vidi l'ultima volta, quando ormai la malattia aveva preso il sopravvento, mi stringessi forte la mano mormorando che non mi avevi "... parlato per anni invano, vero? Forza, rispetto e dignità verso te stessa. Tu decidi la tua strada".
Io capii... Capii tutto ciò che si deve imparare per vivere nel vero senso del termine, capii cosa dovevo fare e come farlo.
Come capii che non ti avrei rivista mai più.
Grazie per avermi insegnato ad avere il rispetto e la dignità verso me stessa e a camminare a testa alta per la mia strada, indipendente e senza vergognarmi di ciò che sono. Grazie di avermi insegnato a non avere paura di essere dura quando serve e a non temere di fare le mie scelte.
Ora che sei in un posto migliore da cui puoi guardarmi ridendo in quel tuo modo particolare, spero che questo posto sia il Paese delle Meraviglie raffigurato nei tuoi quadri.
Ciao Signora Alice, ti porto sempre nel mio cuore.